domingo, 5 de abril de 2009

mail: giovannicingolani@hotmail.com

A MANERA DE INTROITO

Tarea compleja es la de intentar el perfil biográfico de un artista, máxime cuando éste-finalizada ya su labor creativa-merece lecturas diversas por su proteico protagonismo.
Si a ello se suma que, por sobre cronologías, anecdotarios y otros sesgos, la biografía pretende planteos críticos o los sugiere, dicho compromiso se ahonda indubitablemente.

Fernando E. Pallotti asume tal compromiso con nobleza de partes. Toma a Juan Cingolani artista con respeto admirativo de investigador. Revela hacerlo indagando en las fuentes directas y en los caminos menos frecuentados de archivos y versiones de la tradición oral. Asocia y desmembra capítulos y obras, configurando todo un quehacer artístico en sus más enriquecedoras proyecciones. Y de todo ello, como es posible suponer, emerge el Juan Cingolani hombre, con sus facetas de maestro y de espíritu sensible a la vida, a los vínculos afectivos, a los secretos órdenes.

La biografía crítica de Pallotti, Juan Cingolani, maestro en dos mundos, ofrece al lector un buen campo para entrar al conocimiento del pintor y de su obra. El celo con que ha penetrado en su período italiano, tanto como su residencia en América, y más propiamente en Santa Fe, Argentina, permiten trazar líneas de valoración y, a la vez, esbozar un presupuesto de acción seguido con notable rigor, disciplina y selectividad.

Pallotti ubica a Cingolani en su época. Y lo descubre como un artista que fue testigo y dio testimonio de su tiempo. Hombre de dos mundos, hombre de dos siglos, cabalgó indudablemente entre las corrientes clásicas y, por sobre estilos, configuró un quehacer de definidas ascendencias. Mas de la mitad de su vida la integró, artísticamente, en su Italia natal, y poco menos de un cuarto de siglo prodigó su arte en estas tierras de Garay, tan lejanas a su formación.

Cingolani constituyó una presencia decisiva en el panorama del arte santafesino. La primera década del siglo XX, que contribuyó a la alborada de las academias y el asentamiento de los primeros pintores extranjeros en el medio, lo contó también a él. Y resulta sumamente estimulante el hecho que un artista que trabajó en la cámara Rafael, en el apartamento Borgia, que contribuyó con sus pinceles en el restauro del Juicio Final de Miguel Angel, que retrató al papa León XIII y elaboró capolavoros de la envergadura de Jerusalén liberada, a más de aquél Torcuato Tasso o los frescos de las iglesias de Carpinetto y de Pollenza, llegara a Santa Fe de la Vera Cruz, ciudad del país más austral del mundo. Llegara a Santa Fe como lo hicieran quienes lo precedieran por pocos años de la Europa del arte: José María Reinares, Salvador Cabedo, José María D´Anunzio. Y aquí-más que dar lecciones, que las dio-aleccionara a generaciones jóvenes e intermedias en torno a las potencialidades expresivas de las grandes concepciones: el arte mayor de los muros, de las restauraciones, de la ornamentación jerarquizadora de los espacios eclesiásticos y civiles.

Sin duda, la obra que concretó aquí Cingolani en poco más de cuatro lustros fue portentosa. Puede hablarse de genio, pero quizá la palabra justa sería iluminado.
Con ese fervor de la iluminación trabajó arduamente, subido a entarimados y enfrentado a caballetes, forjando siempre otras realidades simbólicas en torno a los grandes temas y a las grandes hagiografías. Esto es lo que importa destacar: la efusión de su arte. El poder de exaltación de sus imágenes religiosas. La fuerza caracterizadora de sus retratos. El espacio configurador, en fin, que logró plasmar con sus pinceles y que llevó al medio a una nueva y respetuosa conceptualización de la obra artística.

Por ello, el libro de Fernando E. Pallotti suma, a sus méritos intrínsecos, el factor de oportunidad. Llena un vacío, quizá, respecto a anteriores indagaciones analíticas. Y sobre todo, pone un hito decisivo para los estudiosos de ese arte nacional integrador de corrientes y de épocas. Ubica a un artista cuya obra está en el mundo; desde Italia a Francia, desde Turquía a España, pero que fundamentalmente centraliza en América, en la ciudad argentina de Santa Fe, su visión conceptiva final.


J.M. Taverna Irigoyen
Presidente de la Academia Nacional de Bellas Artes de la República Argentina

A MODO D’INTROITO ( Prefazione)

E’ lavoro complesso procurare il profilo bibliografico di un artista, specialmente se questi ha già finito la sua tarea creativa, ed è degno di diverse letture per il suo versatile protagonismo.
Se il compendio, oltre alle cronologie, aneddotari e altri aspetti, la biografia pretende la presentazione di critiche oppure le suggerisce, le difficoltà si approfondiscono indubbiamente.
Fernando E. Pallotti accetta l’impegno con capacità ed efficienza.
Si impadronisce di Juan Cingolani come artista con il rispetto ammirativo del ricercatore.
Lo rivela nelle indagini dei documenti diretti e nelle vie meno frequentate di archivi e versioni della tradizione orale. Associa e scompone capitoli ed opere, configurando il tutto in un’arricchita faccenda artistica di diffusione. E da tutto ciò, come è da supporre, emerge il Juan Cingolani, con la sua sembianza da maestro e da spirito sensibile alla vita, ai vincoli affettivi, ai segreti ordini.
La biografia critica di Pallotti, “Juan Cingolani, un maestro di due mondi”, offre al lettore un ampio spazio per l’inizio della conoscenza del pittore e della sua opera. L’impegno con cui ha indagato nel suo periodo italiano, quanto alla sua dimora in America, e più precisamente a Santa Fe, in Argentina, permettono di tracciare sembianze di valutazioni, e sua volta, intuire un presupposto di lavoro portato a termine con notevole rigore, disciplina e professionalità.
Pallotti colloca Cingolani nella sua epoca. Scopre l’artista testimone del suo tempo. Uomo di due mondi, uomo di due secoli, indubbiamente al di sopra delle correnti classiche e degli stili, configurò una faccenda di definita ascendenza. Più della metà della sua vita la formò artisticamente nella sua Italia natia, e un po’ più di un quarto secolo prodigò la sua arte in queste terre di Garay, tanto lontane dalla sua formazione.
La presenza di Cingolani è stata decisiva nel panorama dell’arte santafesina. La prima decada del XX Secolo , che costituì gli albori delle accademie e l’insediamento dei primi pittori stranieri in queste parti, include anche lui. Ed è un avvenimento rilevante che un artista che lavorò nelle stanze di Raffaello, nell’Appartamento Borgia, che contribuì con i suoi pennelli alla restaurazione di “Il Giudizio Universale” di Michelangelo, che ritrattò il Papa Leone XIII e fece capolavori dell’importanza de “La Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso, oppure gli affreschi delle Chiese di Carpinetto e di Pollenza, arrivasse a Santa Fe de la Vera Cruz, città della Nazione più australe del mondo.

Arrivò a Santa Fe, come lo fecero i predecessori venuti pochi anni prima dall’Europa dell’Arte: José María Reinares, Salvador Cabedo, José María D’Annunzio. E qui – più di fare lezioni, che le diede – istruì generazioni di giovani e non tanto, in riferimento alla potenzialità espressiva delle grandi concezioni: l’arte maggiore sui muri, dei restauri, dell’arte ornamentale che gerarchizza gli spazi ecclesiastici e civili.

Senza dubbio, l’opera composta qui da Cingolani in po’ più di quattro lustri è stata portentosa. Si può parlare di genio, ma forse la parola giusta è “illuminato”.
Con il fervore dell’illuminazione lavorò arduamente su ponteggi o davanti a cavalletti, costruendo sempre altre realtà simboliche intorno ai grandi temi e alle grandi agiografie. E questo è da mettere in evidenza: l’effusione della sua arte. Il potere dell’esaltazione delle sue immagini religiose. La forza che caratterizzano i suoi ritratti. Infine, lo spazio che configura con i suoi pennelli e che portò il mezzo a un nuovo e rispettoso concetto dell’opera artistica.

Per tutto questo, il libro di Fernando E. Pallotti aggiunge ai suoi meriti intrinsici un componente di opportunità. Colma il vuoto, forse, in riferimento a indagini analitiche precedenti, e soprattutto, segna una svolta decisiva per gli studiosi di quell’arte costituita da correnti e da epoche. Situa un artista la cui opera è nel mondo dall’Italia alla Francia, dalla Turchia alla Spagna, ma che centralizza fondamentalmente in America, nella città argentina di Santa Fe, la sua visione concettuale finale.-

Dott. J.M. Taverna Irigoyen
Presidente
dell’Accademia Nazionale di Belle Arti
della Repubblica Argentina.